Francesco Montemurro

Artista / Avvocato

UNA SCELTA DI VITA

CENNI BIOGRAFICI

Francesco Montemurro è nato a Viareggio nel 1957.
Di padre lucano e madre calabrese, vive e lavora a Massa mai dimentico – come un Giano bifronte – dei valori e delle passioni del Sud.
È la tavolozza di Francesco Montemurro che tradisce immediatamente le sue origini Meridionali.
I colori accesi e passionali attingono infatti all’humus della terra di Lucania, terra di contrasti e di forti sentire.

La famiglia paterna dell’artista è originaria di Matera, ove sino all’età di trent’anni il padre Cosimo ha vissuto per poi trasferirsi in Toscana e qui esercitare la professione di avvocato.

Francesco Montemurro, pur risiedendo in Versilia ha mantenuto gelosamente le proprie origini, coltivando quell’amore che il padre riponeva nella propria terra.
Assai precocemente Montemurro dimostra una straordinaria inclinazione verso la pittura.
A soli sei anni chiede ed ottiene dal padre un manualetto dall’emblematico titolo “come dipingere ad olio”.
A undici anni la vendita del primo quadro.

Come spesso accade, le attese della famiglia tuttavia prevalgono e inducono il giovanissimo artista ad intraprendere gli studi classici. Ciò non gli impedisce di immergersi nella lettura di testi e trattati di pittura, approfondendo le opere dei Grandi, classici e contemporanei; egualmente, gli studi umanistici non lo sottraggono alla sua vera e unica passione: le teorie del colore.
Sono anni di sperimentazione che vengono in qualche modo rallentate allorquando il padre, ancora giovane, manifesta i primi sintomi di una malattia che nel volgere di pochi anni lo porterà alla morte. A questo punto Francesco, primogenito della famiglia (la sorella più piccola è ancora una bambina), decide caparbiamente di continuare la professione del padre e far sì che lo Studio non chiuda i battenti.
È per lui una sfida, oltrechè una necessità.
Si laurea in giurisprudenza, supera immediatamente l’esame da procuratore e comincia ad esercitare la professione di avvocato.
Collabora alle più prestigiose riviste del settore, pubblica scritti e monografie anche per il Sole 24 ore; tiene con successo conferenze e partecipa a dibattiti.
La sfida è vinta.


Ma sotto la cenere continuano ad ardere la passione e lo studio per l’arte figurativa.
Montemurro continua senza sosta nel dipingere, ad approfondire colori,forme e prospettive. Sono anni di dubbi e contrasti; le notti trascorrono inquiete dinanzi al cavalletto. Ma oramai, con prepotenza, incomincia a farsi strada l’idea di dedicarsi completamente alla pittura.
Il desiderio diventa irrefrenabile; Montemurro ancora una volta decide: affermato professionista abbandona la toga e non si sottrae al suo destino.
La sua è dunque, una scelta di vita non contrassegnata da folgorazioni improvvise.
Da qui il successo.

ODE ALLA VITA

Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marca,
il colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti.
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza,
per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare.
Chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.

Pablo Neruda

SOLO IL PITTORE VINCE LA MORTE PERCHÈ RIESCE A FERMARE IL TEMPO

Sarà pure sempre possibile che l’uomo colga la realtà con la più trepida sensibilità, con la più attenta vibratilità.
Chi sarà colui che testimonia meglio questa vibrazione sensibile?

Credo il pittore, il quale si accorge che tutto scorre verso il nulla e la morte, ma decide viceversa di invertire la tendenza, di capovolgerne il movimento suicida.

Nota che ogni passaggio inganna, è inconsistente, ma anzi trascorre senza pausa, attrae con sé nella morte.
E invece di farsi trascinare da esso verso la meta predestinata, il pittore capovolge tutto, arresta la corsa al nulla, capovolge il movimento mortale, lo stringe sull’istante in cui si presenta, inverte il processo naturale, ferma il divenire, lo stringe sull’istante in cui si rivela.

Lo tramuta così da ente in essere, da partecipazione ad infinito.
Fa che la danzatrice si libri a mezz’aria in eterno, costringe il paesaggio a fermarsi sul volgere dell’istante: su quel momentaneo trascolorio, sul gioco di riflessi presenti in quell’attimo.

E dunque perviene a riavvolgere il tutto su se stesso, facendo slittare il presente ed attuale nell’infinito che ne forma la premessa in causa; svia la partecipazione nell’eterno, nel blocco di ogni divenire, mostra la percezione di per se stessa, come chi fermasse la pellicola di un film e ci illustrasse le istantanee di cui è fatta, come il pittore che con i suoi pennelli illustra che cosa di fatto guardiamo.

Elemire Zolla

L'ARTISTA NON DESIDERA DIMOSTRARE NULLA

L’artista non desidera dimostrare nulla.
Nessun artista ha intenti morali.
L’artista può esprimere qualsiasi cosa.
La diversità di opinioni intorno a un’opera d’arte dimostra che l’opera è nuova, complessa e vitale.

La bellezza è una manifestazione del genio.
In realtà è più elevata del genio,
perché non ha bisogno di spiegazioni.
E’ una delle grandi cose del mondo,
come la luce del sole o la primavera,
o come il riflesso nell’acqua cupa
di quella conchiglia argentea che chiamiamo
luna.
Non può venire contestata.
Regna per diritto divino e rende
principi coloro che la possiedono.

Oscar Wilde

RECENTI MOSTRE

  • Personale Fabbrica Amarelli – Patrocinio Comune di Rossano, Regione Calabria – Rossano, 2010
  • Personale Castello Doria – Patrocinio Comune di La Spezia e Comune di Porto Venere, Regione Liguria – Porto Venere, 2007
  • Personale Castello Malaspina – Patrocinio Comune di Massa, Regione Toscana – Massa, 2006
  • Personale Sala Reale – Stazione Centrale – Patrocinio Comune di Milano – Milano, 2005
  • Personale Museo d’Arte Sacra, Chiesa Sant’Apollonia – Venezia, 2004
  • Personale Palagio di Parte Guelfa, Patrocinio Comune di Firenze, 2003
  • Personale Villa Caruso Bellosguardo, Patrocinio Comune di Lastra a Signa, 2003
  • Personale Castel dell’Ovo, Patrocinio Comune di Napoli, 2002
  • Personale Villa Schiff-Giorgini, Patrocinio Comune di Montignoso, 2001
  • Personale Galleria d’Arte Venanzi, Marina di Pietrasanta, 2001
  • Esposition Internationale d’Art. Contemporain, Sporting d’Hiver, Place du Casino, Monte Carlo, 2000
  • Gallery Dunoyer, Saint Paul de Vence, 2000
  • Personale C.C. Art Gallery – Metropole, Monte Carlo, 2000
  • Personale Museo Gilardi, Forte dei Marmi, 2000
  • Personale a “Il Quarto Platano”, Forte dei Marmi, 1999
  • Personale C.C. Art Gallery – Metropole, Monte Carlo, 1999
  • Centro Congressi Monte Carlo, 1999

L’ARTISTA, LE GRANDI AMMINISTRAZIONI ITALIANE E I SITI STORICI E ARCHEOLOGICI PIÙ PRESTIGIOSI D’ITALIA

Importanti e grandi Amministrazioni comunali hanno sin qui messo a disposizione dell’artista i luoghi tra i più significativi e carichi di storia: basti pensare al Comune di Napoli e a Castel dell’Ovo, così come al Comune di Firenze e al Palagio di Parte Guelfa; e ancora, al Comune di Lastra a Signa e a Villa Caruso Bellosguardo, già sede di incontri del G7 e punto di riferimento per tutta la lirica europea. Non solo: nel 2004, il Comune di Milano, Assessorato Moda e Grandi Eventi, in uno con Grandi Stazioni S.p.A. (Gruppo Benetton Pirelli), ha concesso il proprio patrocinio e ha consentito all’artista Montemurro di esporre nelle prestigiose e veramente uniche Sale Reali. Venezia ha fatto altrettanto: nel mese di maggio 2004 è stata allestita una personale sotto l’egida del Patriarcato veneziano, nella splendida cornice del Museo d’Arte Sacra di Santa Apollonia, a pochi passi da Piazza San Marco e accanto al Ponte dei Sospiri. Nel 2006 il Comune di Massa e la Regione Toscana hanno concesso al Montemurro di esporre in un luogo particolarmente prestigioso: il Castello Malaspina. Occorre tra l’altro sottolineare che esiste uno storico filo conduttore che unisce Castel dell’Ovo al Castello Malaspina di Massa. I due imponenti manieri sono da sempre collegati, quasi che le loro diverse e distanti storie si siano piegate ad un comune destino: quello di aver attraversato, seppure in modo diverso, la prepotente ed importante presenza del casato degli Svevi. Nel 2007 il Comune di Portovenere e la Regione Liguria hanno concesso a Montemurro il Castello Doria di Portovenere, ove l’artista ha tenuto una grande personale. I colori dell’artista, gioiosi ed emotivamente intensi, irrompono in questi luoghi dando finalmente luce ad ambienti spesso tenebrosi e soltanto raramente teatro di felici eventi. Egualmente importanti le personali tenute all’estero, soprattutto quelle di Montecarlo e Saint Paul de Vence.
BREVI NOTE CRITICHE
Giova soffermarsi sulle cifre e sugli stilemi della pittura dell’artista, compendiando (in modo quasi irriguardoso) il contenuto di una autorevolissima Critica (ricordiamo, omettendo altri nominativi per mera esigenza di brevità, Paolo Rizzi, Vittorio Sgarbi, Chiara Guidi, Marco Gianfranceschi, Antonella Serafini, Maurizio Magli, Ornella Falco).
“Analizzando la pittura di Montemurro, l’occhio percepisce immediatamente che il colore è assunto come elemento strutturale della visione.
L’esperienza di Montemurro è una delle dimostrazioni di come, fra le correnti che mutarono profondamente la concezione stessa dell’arte agli inizi del XX secolo, l’onda dell’Espressionismo si mostri a tutt’oggi inarrestabile.
La nostra epoca, soprattutto nell’ultimo quarto di secolo, ci ha abituati ad espressioni artistiche profondamente cerebrali, tuttavia non ha eluso la lezione tragica di Van Gogh, né quella determinata di Guaguin; gli artisti come Montemurro in una qualche misura ci costringono nuovamente a questo confronto, a questo non potere ignorare che siamo circondati da esseri umani e che ognuno di loro vaga con questa infinita virtuale tavolozza più o meno racchiusa nel suo strumentario quotidiano. Nelle opere possiamo cogliere un atteggiamento complesso che salda con naturale energia la sensazione e la volontà tendenti ad un assoluto: in questo senso l’arte di Montemurro recupera non soltanto l’Espressionismo, ma anche la Classicità, sul versante, però, dinamico, dionisiaco.
Il suo colore è infatti bruciante, appassionato, esplosivo.
Montemurro con la sua pittura manifesta la volontà di appropriarsi di tutti i colori e di ogni loro gradazione. La vita si palesa per intero, dal fango all’infinito, con il libero arbitrio.
Francesco sembra dipingere il libero arbitrio che noi cogliamo in una pioggia come in un vaso di fiori, in un casolare abbandonato o in un volto.
L’artista dipinge sempre per traslati, per trasposizione d’immagini, per allusioni: non fa che quindi applicare, a cinque secoli di distanza, il significato recondito di una frase di Juan de la Cruz: “Non siamo qui per vedere, ma per non vedere”. È per questo che noi, ogni volta che guardiamo un suo quadro, cerchiamo quel che di nascosto vi è in esso.
Libero come uno zingaro antico, vitale e disperato dilaga sulla tela con il suo colore. Un colore in grado di dichiarare a viso aperto anche la sconfitta e la disperazione.
Il colore è per Montemurro un colpo in canna e la sua firma ingombrante è un proclama che dichiara “Questo sono io”. Montemurro “ha un sole nel ventre”.
PENSIERI DELL'ARTISTA SUL COLORE
Mi permetto di dire brevi cose.
Io non dipingo ciò che vedo, ne’ ciò che ho visto.
Mi piace infatti rappresentare ciò che avrei voluto vedere, o ciò che avrei visto. Il che sta a significare quanto segue: così come non amo una realtà che pienamente mi irretisca, altrettanto tento di fuggire dai dolci ricordi. Perché questi mi struggono e mi frantumano troppo, mentre quella m’ingombra. I bambini tutti, così come gli adulti, hanno avuto la possibilità di innamorarsi tanto dei fuochi d’artificio, quanto delle straordinarie figure che il caleidoscopio suggerisce.
Evidentemente, noi uomini abbiamo la possibilità di stupirci di fronte a rappresentazioni coloristiche che, apparentemente, si palesano senza costrutto.
Il che non é vero.
Nel senso che in questa mancanza di costruzione, soltanto apparente, l’uomo riesce a raggranellarsi e a ritrovarsi, come se fosse stato condotto da una magica mano antica, di ogni tempo.
La chiave di lettura, a questo punto, é assolutamente chiara: l’uomo ha in se’ la capacità di superare, quasi blasfemamente, persino la natura.
E’ lui, e soltanto lui, che riesce a governare.
Ciò ci induce a immediatamente comprendere come costui sia stato in grado di attribuire la forza di un fulmine alla volontà di uno Zeus.
E dunque, il sogno ci accompagna sempre, e siamo finanche in grado di governarlo.
Abbiamo la forza e la capacità di creare cose non vere. Gli alberi, pertanto, possono essere arancioni, così come la morte può essere vincibile.
Molto modestamente, seguendo tutto ciò, avremo la carta che ci consentirà di trasognare: la fantasia e la fantasia.
Null’altro.
Saremo, così, “imprendibili”.
Forse.


Francesco Montemurro

LE MIE OPERE

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